Nazzareno Trovanelli: Versi. “Ama e sospira”

(di Pietro Castagnoli)

versi-trovanelliOra anche il manoscritto di Nazzareno Trovanelli, dopo le annate de Il Cittadino, è in Internet, addirittura in Google con una sequela di visitatori  sull’ordine delle migliaia, a disposizione dei lettori che potranno completare e aggiornare l’opera dello scrittore più colto della Cesena che preparava l’avvento di Renato Serra nei decenni che precedono la fine dell’Ottocento fino al 1915, l’anno che segnò la scomparsa di entrambi. Di queste poesie e traduzioni ne scrisse Dino Bazzocchi cinque anni dopo la morte ( Dino Bazzocchi, Nazzareno Trovanelli, Cesena 1920) che volle lasciarmele nel 1960, un lascito prezioso da coltivare. La Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria con Pier Paolo Magalotti, Davide Fagioli e Paolo Mulazzani ha compiuto il miracolo. Sono riusciti a riversare in computer queste opere con un lavoro certosino per metterle a disposizione di tutti, in particolare degli studiosi che vorranno approfondire memorie e temi che sono più attuali che mai.

Versi di Nazzareno Trovanelli” è il titolo della raccolta di 632 pagine autografe che l’autore raccolse ordinatamente dal 1869 al 1877, divisi in due sezioni, fino alla pagina 238 i  “Versi” e di seguito le “Traduzioni“.

E’ una grafia minuta, in corsivo senza svolazzi, da amanuense, con un inchiostro  che si staglia su fogli bianchi di carta lucida che il tempo ha ingiallito. I versi  sono autobiografici, confessioni e occasioni rituali, lutti familiari e matrimoni, che segnano il percorso giovanile di una vita con impennate di professione di fede tra sogni ideali e inquietudini. Si comincia con un augurio all’Io che sarà dopo aver perso le illusioni della fanciullezza.Il 1877 è la conclusione di un viaggio corale:”Siam corrotti e malati: al core abbiamo/ tolta la fede ed al cielo il Signore./ Ed in tanta rovina, pretendiamo/ di conservare un sol nume: l’onore.”

Nel 1870 ha quindici anni,era nato a Forlimpopoli nel 1855, e fa il bilancio tra scelte di vita. C’è l’epicureo

( “…suggiamo: l’avello è vicino“), il romito ( “la gioia soltanto del cielo è infinita“) e la voce dell’angelo di fronte a un cammino erto: “Ama e sospira“.Del 1872 è la visita al Pantheon e l’anno dopo una riflessione sul detto di Goethe a proposito del Tasso che non aiuta a capirsi lo specchiarsi soltanto in se stessi.”In morte di F.D. Guerrazzi’’ è del 73: “E tu,Francesco, il carcere/Soffristi amico al vero,/Ma combattesti indomito/ La lotta del pensiero.”Il Guerrazzi,spirito livornese appassionato e ribelle, era stato uno dei  protagonisti del Risorgimento.

Il giovanissimo studente  si esibisce anche nella festa letteraria del Regio Liceo Monti nel Marzo del ’74. L’Ode è dedicata a ” La cecità di Cassini” sommo astronomo della fine del Seicento con un riferimento alla cecità del Milton che sfogò la piena dei suoi dolori nel Paradiso Perduto.La citazione in inglese, nelle note, è  dal Milton e rivela una profonda conoscenza dello scrittore oltre che delle scoperte astronomiche del Cassini. Sottindende la polemica su Galilei e la ricerca di una verità vietata.Si alternano le vicende familiari come la traslazione della salma di Ciro Trovanelli da Meldola a Mercato Saraceno e la celebrazione “In morte di Niccolò Tommaseo” del 1874, il patriota dalmata che si prodigava per la lingua italiana dopo la caduta della Repubblica di Venezia.

Sorprende che nel 1874 potesse dedicare una sommessa elegia a Iginio Ugo Tarchetti, il ribelle livornese corifeo della Scapigliatura più radicale, scomparso giovanissmo nel 1869. “Fosca” per noi oggi è la donna che si ribella all’idea che si possa essere amati solo per la propria bellezza, ma il ragazzo Nazzareno dovette essere colpito dal “Memento“:”Quando bacio il tuo labbro profumato,/ cara fanciulla, non posso obliare/ che un bianco tesco v’è sotto celato“. E’ il motivo della “femme fatale” che trionfa nella letteratura del tempo e che esalta il ragazzo: “Iginio, allor che m’apparisti, quale / Splende nel ciel novella/ Una romita stella;/ Ed un raggio di luce a me nel core/ Luce tutta d’amore,/ Allor da te scendea…“. Sempre nel ’74 , nel luglio la dedica alla morte di Zefirina Trovanelli, la cugina, una lunga poesia sulle sofferenze della giovane,precede una pagina che sarà cara all’ispirazione del Carducci per l’Ode alla Chiesa di Polenta: ” In via a Polenta“: “Vedi quell’arbore che là s’innalza?“. Il Trovanelli si sofferma sull’esule antico che vi sostò un giorno, il Carducci nel ’97 medita davanti al cipresso che “agile e solo vien di colle in colle” su Francesca e Dante e il rinnovellato destino dell’ “Itala gente dalle molte vite” .

Si alternano poesie d’occasione per nozze, tante,a momenti di celebrazione come quello edito per la scomparsa di Maurizio Bufalini, una gloria cesenate della medicina, alla fierezza del messaggio educativo di  Gino Capponi, fino all’Appendice in dieci canti dell’inno “A Satana” del 1873 di ben 878 versi,con una lunga nota compilativa. C’è senz’altro lo spirito carducciano, ma in una lunga trattazione storica che parte dalla Bibbia e giunge ai tempi recenti. Per il Carducci nel 1863 si trattava di un anticlericalismo democratico e repubblicano che veniva dalla Scapigliatura: “Salute o Satana,/ O ribellione,/ O forza vindice/ De la ragione“. Una ragione moderna che è il progresso della macchina. Dietro c’è il mito della rivoluzione francese che sarà abbandonato dopo il 20 settembre del 1870 con la conquista di Roma e l’avvento di una monarchia che dovrà destreggiarsi un Europa inquieta. Il Trovanelli seguirà un percorso più pacato, ma irremovibile sui principi di uno spirito liberale costituzionale di matrice anglosassone, una vera eresia nella nostra storia di opportunismi interni ed esterni.

Questo notaio dedica una vita intera allo studio delle memorie patrie e riversa prima nella Settimana, nello Specchio e poi ne Il Cittadino un’esperienza culturale personale unica nella Romagna di fine secolo e inizi del Novecento.

Anche le traduzioni che costituiscono la seconda parte del libro dalla pagina 259 alla 632 ne sono una testimonianza vivida con una scelta intelligente dalla cultura francese e inglese. C’è una premessa tratta dal Montesquieu: tradurre è usare una moneta di rame al posto di quella d’oro, si perde di nobiltà ma si guadagna nell’uso popolare, si porta la cultura a tutti.C’è la Meròpe di Voltaire ispirata alla Merope di Scipione Maffei che doveva costituire il prototipo perfetto della tragedia e che il Voltaire modifica secondo lo spirito francese, più politesse e  meno truculenza.Una seconda versione impegnativa è l’Enoch Arden di Alfred Tennyson,un lungo poema del 1864 nel quale lo scrittore racconta la storia di un marinaio disperso che tornato a casa dopo dieci anni trova la moglie che si è risposata e se ne resta in disparte per non distruggere la felicità di una famiglia ricostituita. E’ il sacrificio della persona che ama gli altri più che se stessa.”So past the strong heroic soul away./And when they buried him, the little port/ Had seldom seen a costlier funeral“. Questa la traduzione del finale del poema:”Così passò quell’alma eroica.E quando/ L’addussero alla tomba avea di rado/ Visto quel posto un funerale più bello“. La terza traduzione è il dramma “Lo studente spagnolo” di Henry Wadsworth Longfellow, opera del 1843, che il poeta americano fautore dello studio di Dante ispirò ai ricordi del suo viaggio triennale in Europa dal 1826 per studiare italiano, francese e spagnolo, in particolare alla Gitanilla del Cervantes.

Non si può comprendere la vita e le opere di Nazzareno Trovanelli senza queste premesse di studi giovanili vasti e profondi, la sua passione per la scuola, la sua competenza teatrale,il suo riversare nelle ricerche di storia locale un più vasto respiro di conoscenze della cultura europea, il suo verificare nel lavoro giornalistico i problemi italiani con il costituzionalismo anglosassone. In questo senso la lettura dei suoi scritti è ancora attuale.

Cesena, 20 Settembre 2009

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