Miniera di Boratella 3

BORATELLA III (in Comune di Mercato Saraceno e Sogliano)

Questa miniera si trovava sulla destra del torrente Boratella con gallerie che si spingevano verso Monte Giusto e Cella.
Assieme alla Boratella I era la più ragguardevole sia per l’entità della produzione sia per l’interesse che il giacimento aveva suscitato per potenza, ricchezza e per la facilità di estrazione.
I primi concessionari erano stati i fratelli Giovanni, Paolo e Romualdo Grazi di Mercato Saraceno, Luigi Petrucci, l’ing. Livio Ricci di Forl“, Giovanni Battista Balducci e Gaetano Petrucci di Sarsina che stipulavano un atto di associazione in data 7 agosto 1868. Dal 1 luglio 1871 veniva data in affitto a Natale Dellamore per un canone stabilito in lire 2,50 per ogni quintale di zolfo prodotto e per una durata di otto anni e mezzo.
Il Dellamore, sin dall’inizio dell’avventura nella Boratella, aveva intuito l’importanza delle strade ferrate, che nei primi anni post-unitari avevano attratto e sedotto tanti imprenditori, anche cesenati. Le vicende economiche dell’imprenditore cesenate erano sempre alquanto difficili, dovette ricorrere ad ingenti prestiti con le banche, in particolare, nell’aprile del 1873, con la Banca di Torino, con la Casa Ulrico Geisser di Torino per 500.00 lire e nel giugno successivo con la Casa Commerciale Yarak e Almagiˆ di Ancona per altre 500.000 lire.

Alla fine del 1873, l’Intendente delle Finanze di Cesena non riusciva a riscuotere un’imposta di ricchezza mobile di £. 11.386, dovuta dal Dellamore, per cui avevano inizio le pratiche per la dichiarazione di fallimento presso il Tribunale di Forlì. Veniva costituita una Commissione Amministratrice dello stato Dellamore per la gestione delle sue miniere. Queste alterne vicissitudini economiche influivano in modo determinante anche sulla conduzione dei lavori minerari, che venivano, molte volte, lasciati al caso ed a scapito della sicurezza.
Nella Boratella III si ebbe la più alta percentuale di incidenti mortali sul lavoro, crolli di gallerie e vari incendi anche dolosi. Nel maggio del 1875, con la rovina della galleria principale, seguita da una forte scossa, simile a quella di un terremoto, per oltre 400 metri si apriva un profondo crepaccio dal letto del rio Boratella sino al pozzo di estrazione pregiudicando per mesi la lavorazione. Circa 600 operai venivano a trovarsi senza occupazione, diversi si impiegavano nella miniera di Perticara nel Montefeltro.

Nel febbraio 1881 veniva perfezionato un contratto d’affitto fra l’ing. Francesco Kossuth, per conto della Cesena Sulphur Company, e la maggioranza dei proprietari della miniera, presso il notaio Federico Maglioni di Sarsina, per la durata di nove anni ed a far data dal 1 marzo successivo. Manifesto del 25 gennaio 1881 dei lavoratori della miniera Boratella III e della raffineria di S. Rocco di Cesena contro F. Kossuth, che stava perfezionando un contratto d’affitto della loro miniera e progettava una riduzione di personale. Nel 1883 un furioso incendio obbligava all’abbandono di larghi tratti del giacimento. Iniziavano le ricerche nei terreni in parrocchia di Cella e pi precisamente in località Monte Giusto senza incontrare strati molto fertili. Nel settembre 1884 i minatori della Boratella, con particolare evidenza quelli della Boratella III, aprivano una dura vertenza nei confronti delle amministrazioni delle tre miniere, che volevano diminuire la loro paga giornaliera prendendo a confronto quella percepita dagli operai addetti alla sistemazione della strada Borello-Bacciolino, inferiore di oltre il 50%.

A tal proposito il manifesto degli operai della Boratella e pubblicato, il 28 settembre 1884, qui riprodotto é significativo del continuo stato di tensione esistente fra i lavoratori ed i datori di lavoro. L’otto maggio 1885 la Commissione amministrativa dello Stato Dellamore provvedeva a licenziare 59 minatori e 14 carreggiatori, che rispondevano esponendo le loro ragioni con il manifesto qui pubblicato.

All’inizio del 1887 la crisi della Boratella III era al culmine, Girolamo Gusella, agitatore delle maestranze della Boratella per conto di Natale Dellamore, che lo aveva assunto come impiegato addetto alla ippoferrovia, lanciava l’idea di costituire una “Associazione cooperativa dei Zolfatari di Romagna” con l’appoggio di Alessandro Fortis, ministro dell’agricoltura. La gestione della miniera veniva assunta dal Gusella, che convinceva questi minatori “anarchici” a sacrificarsi per la loro miniera ed a farsi pagare con “boni”, cioé lettere di credito rilasciate dall’Amministrazione e che potevano paragonarsi ad una specie di cambiale, purttoppo non sempre spendibile presso i vari bettolini. Si ricorreva a tale espediente in quanto era difficile trovare un banchiere disposto a far da cassa ad una simile associazione. Arrivavano, su interessamento del Gusella, sempre pronto a scrivere a tutti sulla “disperazione” della Boratella, piccoli aiuti alle povere famiglie dei minatori licenziati. Nel settembre 1887, a Borello, Gusella promuoveva la collocazione ed inaugurazione delle quattro lapidi inneggianti a Mazzini, Garibaldi, Campanella e Quadrio, erano presenti, in una festa di bandiere e di popolo, Valzania, l’avv. Pietro Turchi, il deputato forlivese Carlo Aventi. Anche il volenteroso Gusella, purtroppo, non riusciva a rimediare alla crisi ormai irreversibile in cui si trovavono le miniere romagnole, e amareggiato anche dal comportamento irresponsabile di molti minatori, nel febbraio del 1889, denunciava con un manifesto, qui riportato, e rivolto agli operai tale stato di cose. Lo spirito indomito del mazziniano Gusella, sempre vicino a chi soffre, riusciva a trovare per 200 lavoranti della Boratella III un lavoro nelle bonifiche di Polesella, in provincia di Rovigo, il manifesto del 14 marzo 1889 (vedi G. Gusella) é un piccolo tassello per comprendere l’eclettico personaggio. Nel 1899, veniva dato il via ad un’esplorazione nella localitˆ Arsellino, consistente in una discenderia di mt. 250 sul versante Savio, destinata a cercare un consistente strato zolfifero, ma nel 1903 i lavori venivano nuovamente sospesi. Nel 1918 una parte della concessione dal Sindacato Miniere Solfuree di Romagna passava alla Montecatini e nel 1924 la restante andava alla Società Zolfi, che ne otteneva la totale disponibilità, dietro adeguato compenso.

Il 23 febbraio 1919 veniva firmato fra il Sig.Bertozzi Balilla, rappresentante del Sinda-cato Miniere Solfure di Romagna, ed il sig.Armando Bartolini della Camera del Lavoro di Cesena l’accordo che prevedeva nuove tariffe orarie (£. 1,10/h. per minatori di età non superiore ai 65 anni e £.1,05 per quelli con oltre 65 anni), e la riduzione dell’orario a otto ore giornaliere. La “Zolfi” proseguiva attivamente con l’esplorazione delle due discenderie, la “Fondoni” e la “Monte Giusto”, riuscendo ad ottenere una produzione di 4/5.000 tonnellate annue di zolfo grezzo. Nel 1934 avveniva la sospensione dei lavori dopo che il direttore della Zolfi, Ferdinando Macchetto, ed il suo vice geom. Secondo Mario Forlivesi, perdevano la vita durante un’ispezione nelle gallerie. E’ particolarmente interessante il racconto del minatore Baraghini Augusto, accorso fra i primi sul luogo dell’incidente, testimonia con lucidità l’evento drammatico. La concessione infine ritornava alla Montecatini, che nel dopoguerra tentava un nuovo sondaggio a Monte Giusto, ma a causa del contingentamento della produzione e della profonda crisi, nel 1955 veniva tutto abbandonato.