Macchetto Leonida ing.

Leonida Macchetto nasce a Biella il 5 aprile 1915. Suo padre, ing.Ferdinando nato nel 1879, fu direttore, poco dopo la fine della prima guerra mondiale, della miniera di zolfo di Formignano, acquisita in proprietà nel 1917 dalla Soc. Montecatini. Frequentò per due anni la piccola scuola elementare di Formignano, e ciò sino al 1922; in quell’anno la miniera venne, momentaneamente, chiusa e la famiglia Macchetto si trasferì in quella di Perticara nel Montefeltro. Fatta questa breve introduzione e prima di sbrogliare la matassa della vita di Leonida, che si svolge lungo un tratto della storia mineraria cesenate, è utile vedere come è entrato nella nostra Società mineraria.

Il 29 novembre 2000, stavo predisponendo per il giornale, ‘Paesi di Zolfo’ la stesura dell’articolo di Paris Perini relativo alla storia della miniera di zolfo di Predappio, chiusa nel 1929, e dove suo padre vi aveva lavorato come capo sorvegliante, poi trasferito alla miniera di Monte Giusto nel comune di Mercato Saraceno.
In quella miniera morì Ferdinando Macchetto nel grave incidente minerario del 4 luglio 1934, assieme al geom. cesenate Secondo Mario Forlivesi; il padre di Paris fu uno dei primi soccorritori e testimone della tragedia.
Pensando a quella dramma, e ai pochi elementi di conoscenza acquisiti, soprattutto, da racconti di memoria orale con interviste a vecchi minatori, andai in internet e ‘sbirciando’ in quel macro cosmo di notizie trovai che un Duccio Macchetto era molto richiamato e, soprattutto, con indicato il suo indirizzo di posta elettronica. Non persi tempo e partì il mio primo messaggio, datato 29 novembre 2000, richiedendo se c’erano delle relazioni di parentela con l’ing. Ferdinando. Dopo appena un’ora dall’invio arrivò la  risposta: Ferdinando Macchetto era mio nonno, che non ho mai conosciuto perché è morto quando mio padre, Leonida, aveva diciannove anni.
Vorrei sapere qual è il suo interesse e collegamento con questa vicenda di tanti anni fa. Anche il mio nome è Ferdinando, in suo onore, anche se tutti mi chiamano Duccio. Cordiali saluti.
La mia e-mail era arrivata a Baltimora negli Stati Uniti al dipartimento della Nasa: Duccio Macchetto, importante astrofisico italiano, era il direttore del progetto ‘Hubble’, il telescopio orbitante a 600 km. d’altezza per lo studio delle galassie. Logicamente seguì una corrispondenza sempre più dettagliata e ricca di notizie. Nella e-mail del 1 dicembre 2000 mi comunicava che suo padre di 85 anni ben portati, Leonida, viveva a Grottamare
(Ascoli Piceno), dandomi l’indirizzo ed il numero di telefono. Per chi fa ricerca trovare la disponibilità e le persone giuste è come passare da un sentiero impervio pieno di buche e di ostacoli ad una strada larga e confortevole. Infatti, le telefonate e la corrispondenza con l’’amico’ ritrovato Leonida s’infittirono. Sempre nel dicembre 2000, il direttivo della nostra Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria deliberò di annoverare come soci onorari l’astrofisico Duccio Macchetto e suo padre ing. Leonida.
Quest’ultimo, in una lettera del 28 dicembre 2000, rammentò il luttuoso incidente nella miniera di Monte Giusto: ‘[… ] mio padre Ferdinando, nel 1934, svolgeva le funzioni di direttore delle miniere della Soc. Zolfi in Romagna, nelle Marche e nella repubblica di San Marino. Ricordo che era molto preoccupato in quell’estate del 1934 perché i minatori di Monte Giusto erano rimasti senza lavoro, a causa dell’incendio sviluppatosi in una galleria. Spinto dal desiderio di ridare presto lavoro a quei disoccupati volle controllare personalmente che ci fossero le condizioni per riattivare la miniera, ma purtroppo vi rimase vittima insieme al geom. Forlivesi. Mio padre in precedenza aveva vissuto una lunga esperienza di attività mineraria in Inghilterra, nel Messico e poi in Italia a Massa Marittima (Grosseto), a Monte Oniceddu (Iglesias)” [in questa miniera di galena argentifera di proprietà della soc. Anonima delle miniere di Gennamari-Ingurtosu vi lavorò nel 1916 – ne testimonia una cartolina spedita da Iglesias  il 3 aprile 1916 in occasione del primo compleanno di Leonida alla moglie Giuseppina Mazzia [(nata nel 1892 e morta nel 1980)]”, a Vallauria e San Dalmazzo di Tenda (Cuneo) [anche questa miniera di galena argentifera], a Formignano, a Perticara(Pesaro) a Pievebelvicino (Vicenza). Uomo di grande cultura, di profondo senso del proprio dovere, di grande umanità, era dotato anche di notevole memoria. Ricordo che nei giorni festivi partecipava alla Messa nel duomo di Cesena, ascoltando attentamente l’omelia del celebrante ed a casa la trascriveva integralmente per le sue riflessioni”. [A tal proposito in una successiva lettera, Leonida mi inviava le fotocopie di due trascrizioni autografe di suo padre delle omelie del 27 agosto 1933 e del 3 settembre 1933] Di questo fortunato ritrovamento ne parlai quasi subito con Balilla Righini, anche per sondare la sua acuta e precisa memoria nel caso avesse conosciuto lo scolaro Leonida che, quasi suo coetaneo, frequentava la scuola pluriclasse di Formignano. Ricordo molto bene il guizzo pronto dei suoi occhi ed il sorriso arguto nel dirmi: ‘Certamente ho conosciuto Leonida e suo fratello Elio [ nato a Biella nel 1916 ] erano i figli del direttore della miniera dove lavorava anche mio padre, anzi li prendevamo in giro chiamandoli ‘Maghetti’, una nostra maestra è stata Maria Rasi di Cesena.’. Balilla, da grande artista quale era, volle realizzare due splendide cornici in legno d’olivo rifinite col bulino, un vero intarsio, per le pergamene di soci onorari con tanto di dedica: ‘per il mio compagno di classe e per suo figlio.’
Nel nostro giornale ‘Paesi di Zolfo’ la famiglia Macchetto entrò in alcuni articoli, che destarono un grande interesse . Dopo qualche mese l’amico, Lelio Burgini, mi consegnò una foto del sottotenente Leonida Macchetto, da lui ritrovata in un mercatino d’antiquariato, con data giugno 1942 e la dedica ‘alla cara Maria in ricordo’. Vedremo più avanti chi sarà questa Maria.
Il 5 settembre 2001, incontrai a Grottamare Leonida per intervistarlo e consegnare i due ‘preziosi’ quadri con pergamena. Parlammo molto dei suoi trascorsi a Formignano e poi a Cesena, quando il padre divenne direttore della soc. Zolfi e la famiglia abitava nel rione denominato ‘Madonna delle rose’..
Volle sapere della nostra attività di ricerca e quando lo informai che, fra l’altro, avevamo, con difficoltà finanziaria, commissionato il monumento in bronzo dedicato al minatore, opera dello scultore Tito Neri, per ricordare il sacrifico dei tanti caduti per quel duro lavoro, si commosse e volle contribuire con un assegno cospicuo per quanto stavamo facendo. Con parole semplici mi citò piccoli episodi avvenuti nella sua infanzia e che ora ritengo di pubblicare. Definì il suo ‘curriculum vitae’ riassumendolo :’ Dal mezzo mattone della miniera di Formignano alla costruzione di edifici civili ed industriali in Italia e all’estero’.
Faccio riferimento al mezzo mattone poiché in seconda elementare, per reazione a un insulto ricevuto dal mio coetaneo Achille Masi, figlio di un impiegato della miniera e che viveva a pochi passi dalla mia abitazione, gli scaraventai in faccia un mezzo  mattone. Per punizione i miei genitori mi chiusero in uno stanzone al piano terreno, con tanto d’inferriata, per alcuni giorni a pane e acqua. Per mia fortuna il buon cuore del domestico Cucchi mi addolciva la pena infilandomi, di nascosto, attraverso l’inferriata, dei panini ripieni di prosciutto. Il sistema educativo dei miei genitori era assai rigido. Ricordo un altro episodio. Vicino alla scuola elementare di Formignano c’era un negozio che vendeva generi alimentari, andai con una moneta di grosso taglio, che avevo portato via a mia madre, per comprare della cioccolata. Il negoziante si rese conto che quel biglietto era di provenienza ‘furtiva’ e mi disse che il cioccolato era  finito e riportai a casa la moneta. La notizia fece il giro delle chiacchiere a Formignano e fu riferita a mio padre: altra punizione e anche quella volta assaggiai il panino del buon Cucchi.
Come domestica, donna di casa in aiuto a mia madre veniva Maria Fantini di Formignano, una donna energica e arguta che aveva una simpatia per me, spesso mi dava dietro con una scopa perché combinavo delle marachelle. Mi ero molto affezionato a lei, ci seguì anche a Perticara. [La dedica della fotografia ‘alla cara Maria’ era riferita alla domestica Fantini che Leonida incontrerà nel 1963 dopo il suo ritorno in Italia.
”In questo paese frequentai la terza elementare: la maestra che ho avuto era molto brava.
Poi a Cesena, essendo tredicenne, ero alunno della scuola Complementare, durante l’ora di disegno approfittavo della dotazione di una lunga riga per fare il duello con i compagni. Venni sospeso per alcuni giorni e i miei genitori decisero di ritirarmi dalla scuola pubblica per farmi impartire lezioni private che seguivo svogliatamente. In quel periodo frequentavo con altri amici l’Istituto Lugaresi” [ il canonico Giuseppe Lugaresi fondatore dell’Istituto Artigianelli morì nel 1927, forse Leonida l’ha conosciuto].”Per mia fortuna incontrai Nello Zecchini ( che diventerà poi Direttore della Cassa dei Risparmio di Cesena) che convinse mia madre a permettermi di frequentare un corso di esercizi spirituali presso il monastero dei Benedettini alla Madonna del Monte. Aderii all’invito però con la segreta intenzione di parteciparvi per fare il diavolo a quattro. Non fu così, le conferenze tenute da laici mi fecero riflettere e tornai a casa completamente cambiato. Da allora mi misi a studiare intensamente e con profitto frequentai il liceo scientifico a Forlì.
Conobbi un insegnante emerito d’italiano e latino, il prof. Sergio Zanotti, uomo coltissimo che   a noi alunni insegnava moltissime cose extra programma scolastico. Dantista celebre anche presso l’università di Bologna e Firenze ha effettivamente contribuito molto alla mia formazione culturale e morale. Dopo la perdita di mio padre nel 1934, ci trasferimmo tutti a Torino.Consegui la laurea in ingegneria civile e dopo la fine della seconda guerra mondiale lavorai progettando panelli isolanti ed elementi prefabbricati in cemento armato.
Nel 1948 emigrai in Argentina e costruì grandi edifici industriali nelle città di Cordoba, Holmberg “[provincia di Cordoba]. “Nel 1949 mi raggiunse mia moglie, Vera Borrino, con i miei due figli, Ferdinando e Donatella. Nel 1952 accettai la direzione di un società argentina, la Sale do Brasil, che realizzò complessi industriali nello stato di San Paolo. Nel 1956 fondai a Cordoba la ‘Macchetto y C.ia’ operante nel settore edilizio. Nel 1963 rientrai in Italia in qualità di libero professionista. Nel frattempo mio figlio, Duccio, si laureò in fisica a Cordoba e nel 1965 a Roma conseguì una seconda laurea in astrofisica”.
Frequentare persone come Leonida e Balilla è una fortuna che capita raramente. Averla percepita è un dono che va a riempire il salvadanaio della nostra vita di ‘moneta ‘ sonante.
Riandare ai ricordi di questi ‘grandi’ personaggi, per noi, è come frequentare un grande libro di letteratura, che ti rende più comprensibile il percorso che quotidianamente devi affrontare.
Pier Paolo Magalotti