Augusto Baraghini

Baraghini Augusto, nato a Monteiottone nel 1906 e morto a Borello nel 1998, inizia a lavorare, nel 1919, come aiuto fabbro nella Boratella III, nel 1924 assieme a suo padre, alle dipendenze della Società Zolfi, trova impiego nella miniera di Valdinoce-La Rossa, successivamente e sino alla chiusura, avvenuta nel 1935,  alla Boratella III-Fondoni-M.Giusto, infine alla miniera di Formignano, con una interruzione dovuta al servizio militare durante la II guerra mondiale (fra i suoi ricordi ..”ero presente alla liberazione di Mussolini, nel 1943, sul Gran Sasso d’Italia, dove prestavo servizio”) e sino alla chiusura definitiva nel 1962. Testimonianza raccolta su nastro, nel 1984 a Borello, dall’autore. Nel 1934 i lavori nelle miniere della Boratella III venivano sospesi dopo che in un grave incidente perdevano la vita il direttore della ditta Zolfi, Ferdinando Macchetto e il suo vice geom. Secondo Mario Forlivesi. E’ particolarmente toccante la testimonianza lasciataci, a tale proposito, dal Baraghini.

Il racconto del minatore Baraghini Augusto, accorso fra i primi sul luogo dell’incidente, testimonia con lucidità l’evento drammatico: “…in quel periodo ( Agosto 1934) assieme a Giannini detto “Garibaldi” di Borello facevamo manutenzione alla Boratella III ed a Monte Giusto. Seppi dal geom. Forlivesi, che era un bravo e buon giovine, che ci sarebbe stata la visita sua e del Direttore Macchetto a Monte Giusto.

Mi raccomandai vivamente di accendere il ventilatore per l’aereazione della galleria perché era impossibile andare avanti. Il povero Macchetto, conosciuto come molto parsimonioso, staccò il ventilatore ed iniziò la visita in galleria assieme al suo vice; dietro di loro si chiuse la pesante porta provvista di un contrappeso, alquanto difficile da sollevare. Finito il giro d’ispezione sono tornati indietro ma nel frattempo si era scaricato il tiro dell’aria cattiva, prima Macchetto e poi Forlivesi rimasero svenuti. Fui chiamato dal figlio di Perini, addetto a Monte Giusto, Paris, che corse a casa mia alla Massa di Monteiottone dicendomi che ancora non erano usciti dalla miniera il Direttore e Forlivesi. Avvisai anche il mio compagno Giannini e fummo subito all’ingresso della galleria, constatato che il ventilatore era spento lo riattaccai e scendemmo giù con un cariolo, trovammo subito il povero Forlivesi, ancora vivo, attaccato alla porta, ma non aveva avuto la forza di aprirla, lo portammo all’imbocco dove poteva respirare aria buona, andammo a cercare il Direttore, che era stato trascinato per un po’ dal suo vice, ma non c’era pi nulla da fare. Portammo fuori il geom. Forlivesi a cui praticai anche un massaggio cardiaco, mi sussurrò “…Baraghini avevate ragione, non dovevamo spegnere il ventilatore…”, nel frattempo l’autista Milaci (Dellamore) della Zolfi andò a chiamare il dott.Vincenzo Ricci di Borello, che arrivò quasi subito, e provvide al trasporto all’ospedale Bufalini di Cesena dove il povero giovane cesserà di vivere dopo pochi giorni (4 agosto 1934). Sembra che la causa del grave incidente derivasse dai fumi di un incendio, scoppiato a seguito di uno sparo di mine, avvenuto diverso tempo prima e non subito spento, che si alimentava continuamente con lo strato di minerale e con l’ossigeno che filtrava da aperture comunicanti con le gallerie circostanti. Nel 1929 altri quattro minatori, ricordo il povero Para e Zani, perirono per le esalazioni dei fumi dello stesso incendio prima ricordato. A provocare l’incendio fu l’imperizia di un certo Bagnolini, detto “é matt ad Gardela”, che fuggì in Francia dopo il grave fatto.”