Un mondo cancellato

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Così come il metodo Frash ha cancellato la tradizionale miniera applicando all’estrazione dello zolfo alcune tecniche proprie dell’industria petrolifera, ugualmente la rapida fine della breve vicenda delle miniere zolfifere di Cabernardi ha finito per cancellare un “mondo nuovo” nato attorno alle grandi miniere di zolfo. Malgrado gli ammortizzatori sociali che hanno rallentato e reso meno traumatica la chiusura delle miniere romagnole il declino non è solo leggibile guardando gli impianti dismessi ma anche considerando l’inesorabile spopolamento dei paesi zolfiferi. Essi un tempo videro non solo il fervore di attività minerarie ma anche una vivace attività sociale sconosciuta nei limitrofi paesi rurali. Pochi segni della passata attività sono reperibili nel Cesenate lungo la valle del Savio, la mitica “via dello zolfo”. Perticara raccoglie le poche memorie rimaste di un recente passato in un piccolo museo della miniera, ma basta percorrere il paese per ritrovare nella stratificazione dell’edilizia popolare in abbandono il vero museo che testimonia di una determinante presenza di minatori con le loro famiglie. A Cabernardi oggi si percorre una desolata strada in salita fiancheggiata da case tutte uguali, abitate un tempo dai minatori, e da molti anni in abbandono, incontrando alla sommità del paese imponenti edifici aziendali. La presenza della Montecatini testimonia di una urbanistica gerarchizzata tanto cara alle ideologie paternalistiche del capitalismo italiano, per cui la rigida stratificazione sociale presentava anche nel microcosmo del villaggio operaio una corrispondente stratificazione urbanistica. Il lavoro in miniera, l’appartenenza ad un grande gruppo industriale avevano però creato una nuova socialità, una nuova qualità della vita, una dimensione culturale nuova,- testimoniate dall’abbondanza del materiale fotografico sul tempo libero negli anni Venti, Trenta e Quaranta-, che nulla avevano da spartire con il mondo contadino e mezzadrile da cui la maggior parte dei minatori proveniva e in cui non voleva più ritornare. Probabilmente per scongiurare la minaccia di un inaccettabile regressione ad una condizione rurale ormai definitivamente lasciata alle spalle a Cabernardi si sono manifestate le lotte più aspre contro la chiusura della miniera e il ricordo più forte è quello della battaglia che ha coinvolto l’insieme della comunità dalle parrocchie alle organizzazioni politiche e sindacali della sinistra. Forse anche per questo vi è stata una così consistente diaspora di minatori verso altre occasioni offerte dalla Montecatini, da Pontelagoscuro a Massa Marittima, a sancire un distacco definitivo con il mondo rurale: questo è il significato più profondo della lotta dei “sepolti vivi” che portò la miniera di Cabernardi agli onori della cronaca nazionale.

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