Cristalli nella nebbia • Minatori a zolfo dalle Marche a Ferrara

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A far tempo dall’ottobre 1952 iniziò il trasferimento di lavoratori della miniera a zolfo di Cabernardi di Sassoferrato (Ancona) al costituendo stabilimento petrolchimico di Ferrara. Ad attuare il processo di mobilità fu la medesima azienda, che deteneva pure la proprietà della miniera marchigiana. Nel successivo mese di novembre due lavoratori si affiancarono ai primi sei che già avevano raggiunto la città estense; ad essi seguì, negli anni successivi, un vero e proprio movimento migratorio, che coinvolse circa duecentocinquanta nuclei familiari. Il riferimento logistico-perativo originario era costituito dall’ambiente di miniera di Cabernardi e di Percozzone, ma le maestranze ivi occupate provenivano da vari comuni di due province marchigiane e specificamente da Sassoferrato, Pergola, Serra Sant’Abbondio, Arcevia, San Lorenzo in Campo, Castelleone di Suasa e Genga. Data la vastità dell’ area coinvolta, tra gli stessi lavoratori costretti da un comune, amaro destino, spesso non esistevano rapporti antecedenti il loro approdo a Ferrara. Nel maggio 1954, nel territorio di Pontelagoscuro di Ferrara, vennero consegnati alle famiglie marchigiane gli alloggi appositamente edificati. Una comunità disaggregata iniziò così un lento, ma progressivo percorso di autoriconoscimento, forzatamente attivato da quello che verrà definito il “villaggio dei marchigiani”. Il processo di integrazione con la comunità ferrarese assume(quasi paradossalmente) valenza secondaria e viene realizzato per fasi successive in oltre quarant’anni di convivenza.

Nella realtà del “villaggio” persistono – e non poteva essere altrimenti – da un lato caratterizzazioni culturali impoverite dallo sradicamento forzato e dall’ altro desideri d’affermazione e sensi d’orgoglio per la capacità di raggiungere traguardi culturali, economici e sociali in una nuova terra. Obiettivo della presente indagine (oggetto di comunicazione all’VIII Congresso internazionale di storia orale, tenutosi a Siena nel 1993) è stato la ricostruzione storico-sociale dell’evento migratorio; a tale risultanza si è pervenuti partendo dalla situazione lavorativa di miniera, passando per le fasi esistenziali dell’insediamento di Ferrara ed addivenendo, quindi, all’analisi della “comunità mista” (e pertanto multiculturale), venutasi a creare nell’area di Pontelagoscuro, in correlazione, tra l’altro, alla presenza di forza lavoro proveniente da altri territori italiani ed anch’essa trasferita nello stabilimento Montecatini (dopo la marchigiana, l’entità numericamente più consistente risulta quella proveniente dalla Romagna).

Pur dotandosi di ampi e collaudati strumenti della tradizione storica (fonti archivistiche, spoglio di periodici e di quotidianiecc.) , la ricerca si è essenzialmente svolta sul piano della fonte orale operando metodologicamente attraverso la raccolta magnetofonica di testimonianze (più volte oggetto di confronto e di analisi), la loro trascrizione e la conseguente, successiva “disaggregazione” per tematiche, al fine di contribuire alla costruzione di un impianto narrativo più razionale e, al tempo stesso, e, maggiormente fruibile dal lettore. All’oral history ed all’ inchiesta demologica si fa per altro affidamento anche nell’esame di varie tematiche specifiche, a nostro avviso di rilevante valenza culturale quali lo studio delle problematiche del mondo femminile e l’esemplificazione di aspetti non vacuamente folcloristici quali i canti, le tradizioni culinarie popolari, i rituali di questua calendariale. Di pari importanza si rivelano, inoltre, i contributi di ordine demografico e storico, che contribuiscono a contestualizzare da prospettive diverse, ma con pari rigore scientifico, la comunità marchigiana all’ interno della variegata realtà ferrarese. A questa comunità ed a Renato Sitti, indimenticabile “intellettuale rovesciato”, è dedicata la presente realizzazione.

Gian Paolo Borghi – Responsabile dei Servizi di Documentazione Storica del Comune di Ferrara

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